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27  febbraio 2010.

A 15 chilometri dall’Aquila.

La comunità delle abitazioni «fai-da-te»

Ste. La.

Il paese era molto piccolo, 43 abitanti, quasi tutti scappati in cerca di miglior futuro dopo il terremoto del 6 aprile scorso. Pescomaggiore è una comunità montana di origini medievali a 15 chilometri dall’Aquila, nel Parco nazionale del Gran Sasso. Qui c’è chi ha deciso di mettersi in proprio per rialzarsi dai colpi del terremoto che dieci mesi fa ha colpito l’aquilano. «Meglio una casa vera, soprattutto se costa come un container», hanno pensato. E così Pescomaggiore sta rinascendo dalle macerie in un modo nuovo, a impatto ambientale (quasi) zero.

Accanto al Piano C.a.s.e. della Protezione civile (che prevede la costruzione di «Complessi Antisismici Sostenibile Ecocompatibili»), ecco E.V.A., l’Eco Villaggio Autocostruito. Il terremoto che costringe a ripartire da zero viene affrontato come l’occasione per realizzare un progetto con strutture portanti in legno, impianti fotovoltaici per recuperare energia elettrica e acqua calda, stufe e camini per riscaldare (e cucinare), tamponatura in balle di paglia. Cemento al minimo consentito.

Dall’agosto scorso, a guidare il progetto, autofinanziato dai cittadini, due giovani architetti, Paolo Robazza, padovano di 33 anni, e Fabrizio Savini, romano di 34. Con loro Caleb Murray Burdeau, 41 anni, esperto di bioarchitettura. I tre hanno costruito il quartier generale a Monticchio, sulle valli aquilane. Una struttura trasformata in casa e studio mobile. L’obiettivo era (ed è) costruire velocemente le prime sette case, economiche ed ecologiche, utilizzando materiale naturale reperibile sul posto.

Sfida vinta, perchè le prime due verranno inaugurate oggi nel corso di una festa popolare con pranzo e concerto al cantiere. Poi i lavori si fermeranno per un mese in attesa di nuovi fondi. «Prima di partire coi lavori, abbiamo passato un paio di mesi a ragionare sulla fattibilità del progetto con i terremotati e i tecnici che facevano i rilievi» racconta l’architetto Robazza. Col passare del tempo grazie al passaparola in Rete al treno di E.V.A. si aggiungono volontari da ogni parte d’Europa. Giovani e meno giovani. Almeno 130 si sono rimboccati le maniche al cantiere di Pescomaggiore.

«Oltre alla soddisfazione di coinvolgere in questa sfida persone e famiglie distrutte dal terremoto, dando loro la possibilità di creare un futuro in una casa che vedevano crescere grazie alle loro mani, la gioia più grande è coinvolgere nel lavoro persone di culture e Paesi diversi – dice Robazza -. È questo il valore aggiunto del progetto». Per questo l’aria che si respira a Pescomaggioe è più quella di una comunità che di un cantiere.

Le prime stime? Con i 150 mila euro con cui solitamente ci si compra una casa, il progetto E.V.A. ne costruisce sette. Due le tipologie abitative messe a progetto: bilocali da 40 metri quadrati, trilocali da 56. Strutture in legno per resistere a forti carichi di neve e rispondere agli standard antisismici richiesti.

Superati i problemi climatici dell’inverno e le difficoltà tecniche di insegnare a gente comune e lavorare con materiali «nuovi» come paglia e legno, Pescomaggiore si prepara a entrare in una nuova fase della sua seconda vita. E gli abitanti potrebbero essere più che nella prima, dato che molte giovani coppie hanno deciso di venire qui a costruirsi la loro casa.