22 agosto 2011.
Architetto dopo il sisma.
Paolo Robazza e la rinascita di Pescomaggiore.
Francesca Forzan
C’era anche il «Comitato per la rinascita di Pescomaggiore» alla manifestazione del 7 luglio scorso a Roma. Migliaia di terremotati nella capitale: il “popolo delle carriole” che ha deciso di scendere in piazza. E di invadere la capitale per chiedere al governo di non dimenticare L’Aquila.
Un anno dopo, proprio Pescomaggiore rappresenta un’esperienza eccezionale nella ricostruzione. Vissuta da un giovane architetto padovano: Paolo Robazza è stato per alcuni mesi (insieme ad altri giovani professionisti e volontari) sotto una tenda da campo. Inverno compreso, pur di seguire passo passo un progetto davvero unico nel suo genere.
«Sì conosco bene il Comitato composto dagli abitanti di Pescomaggiore. È un borgo di 40 anime immerso nelle montagne del Parco Nazionale del Gran Sasso, a 15 chilometri circa dall’Aquila. In stato di semi abbandono ancora prima che il sisma del 6 aprile 2009 lo radesse al suolo. Grazie al progetto Eva, questo piccolo paese medievale è diventato il simbolo della rinascita possibile».
Che cosa significa la sigla Eva?
«È l’acronimo di eco Eco Villaggio Autocostruito. È il progetto di cui il mio collega romano Fabrizio Savini ed io siamo titolari con il nostro studio “BAG”. Eva prevede la costruzione fai-da-te di sei nuove abitazioni. Si tratta di bilocali di 40 metri quadri circa e trilocali da 65. Case realizzate sfruttando materiale reperibile sul posto, risparmiando così sul costo dei componenti di costruzione e della mano d’opera. Legno per le strutture portanti, rigorosamente antisismiche. Balle di paglia compressa al posto dei mattoni; impianti fotovoltaici per l’energia elettrica; pannelli solari per l’acqua calda; stufe e legna per riscaldare».
Che cosa significa in concreto, «autocostruito»?
«Uno degli aspetti che caratterizza quest’idea , rispetto a molti altri progetti architettonici sostenibili e a basso budget, è che i veri protagonisti di questa bella storia sono proprio i terremotati di Pescomaggiore. Sono loro che, sotto la nostra supervisione, si sono rimboccati le maniche per costruire con le loro stesse mani le case del paese. Noi con l’aiuto anche di Caleb Murray Burdeau nel ruolo di assistente tecnico, abbiamo assicurato le linee guida e fornito gli esempi pratici. Ma sono stati direttamente gli abitanti a trasformarsi in muratori, carpentieri, falegnami».
Non è facile improvvisarsi autocostruttori senza mai essere entrati in un cantiere giusto?
«No, non è facile. Tuttavia, a spingere questa gente è stato l’amore per la propria terra. Insieme alla solidarietà di chi nella situazione di terremotato, ha perso tutto. Anche in questo senso si è trattato di un’esperienza straordinaria. Portare è per la prima volta in un cantiere chi non sapeva nemmeno battere un chiodo, ha permesso a tutti di arricchirsi di conoscenze nuove. A cominciare da noi giovani architetti. Sfidando l’inesperienza, il clima rigido e i tanti disagi, in pochi mesi, lo scorso inverno, pur non essendo professionisti “della costruzione” gli abitanti di Pescomaggiore sono riusciti a portare a termine ed inaugurare le prime due case».
Quando sono partiti i lavori? Soprattutto come e da chi è nata quest’idea?
«Le case sono state messe a progetto nel giugno 2009. I lavori veri e propri sono iniziati un paio di mesi più tardi. L’idea è nata quando con Fabrizio siamo arrivati all’Aquila, subito dopo il sisma. Eravamo volontari come tanti altri. Qui abbiamo deciso di unire le nostre esperienze, trovando a Pescomaggiore e nella sua gente l’ambiente ideale per sviluppare un progetto architettonico partecipato, sostenibile ed economico. Un progetto destinato non solo a risolvere l’emergenza abitativa, ma anche a porre le basi per la rinascita del paese. Il Comitato per la rinascita di Pescomaggiore esisteva già da due anni con l’obiettivo di impedire lo spopolamento del borgo».
A che punto è arriva la vostra iniziativa?
«I lavori vengono portati avanti in modo autonomo dai cittadini e dai volontari. Stanno proseguendo ancora nella realizzazione delle quattro abitazioni rimanenti. Sono state considerate fin dall’inizio le meno “urgenti”, quelle per cui era preventivato più tempo. I lavori, senza fondi sufficienti, vanno a lento. Il progetto Eva, costato circa 160 mila euro, è stato infatti autofinanziato con 60 mila euro dagli stessi abitanti di Pescomaggiore e dalle donazioni ricevute, circa 100 mila euro. Per chiunque voglia documentarsi c’è il sito eva.pescomaggiore.org. Subito dopo il terremoto, le misure d’intervento varate dalla popolazione terremotata (bando C.a.s.e. della Protezione civile e il piano Moduli abitati provvisori) avrebbero costretto i cittadini di Pescomaggiore ad abbandonare comunque il loro paese. Da qui l’idea di alcuni degli abituanti di costruirsi la propria casa appoggiandosi al progetto Eva».
Quant’è il risparmio garantito dall’utilizzo di materiale a «chilometri 0» e dall’autocostruzione?
«Il costo di un’abitazione autocostruita con materiali ecologici reperiti sul posto è di circa un terzo rispetto a quello calcolato per la costruzione, affidata alle imprese edili, di una casa della stessa qualità. Il costo al metro quadro per le abitazioni di Pescomaggiore è di circa 500 euro. Diventa 2.700 euro, invece, per gli appartamenti del piano C.a.s.e.».
Per mesi la vostra casa e il quartier generale è stata una tenda da campo. Non dev’essere stato semplice portare avanti un’impresa così complessa coordinando le operazioni, il cantiere, i lavoratori, i 150 volontari che da tutta Europa sono venuti a Pescomaggiore a dare una mano.
«Siamo arrivati a decidere per questo progetto dopo aver parlato per settimane con la gente, i comitati, le associazioni, bisogni, possibilità. Nel mio lavoro ho avuto spesso a che fare con situazioni complesse sia dal punto di vista architettonico sia dal punto di vista squisitamente umano. Quella di Pescomaggiore però è stata un’esperienza unica: una prova dura, a volte estrema, fatta di difficoltà, fatica e spesso di disagi. Ma l’emozione e la soddisfazione negli occhi di queste persone, felici per aver realizzato con le proprie mani le loro nuove case, restituendo così un futuro al paese, ripaga di tutto. Spero che la rinascita di Pescomaggiore possa essere un esempio per il futuro, per le istituzioni, per le altre realtà difficili, per le città; questo è il nostro obiettivo».