Ricostruzione ecologica e partecipata. Un’eccezione alla regola.
L’Aquila è alle spalle, a circa 15 chilometri, di fronte c’è il Parco nazionale del Gran Sasso. Si supera Paganica e si sale. Ai piedi del monte Croce c’è Pescomaggiore, un piccolo borgo di montagna, che il terremoto del 6 aprile ha parzialmente distrutto. Arrivando, però, la prima cosa che vedo non sono i segni di una distruzione, ma quelli di una ricostruzione: scheletri di case in legno e paglia (questa l’immagine ali’inizio di novembre). Intorno molti ragazzi indaffarati, appollaiati sui tetti o a terra, che scavano, parlano, martellano. Sono i futuri abitanti di quelle case, insieme a volontari e architetti, che stanno costruendo con le loro mani l’ecovillaggio di Pescomaggiore.
Mi viene incontro Paolo Robazza, uno dei giovani architetti che hanno realizzato il progetto. Non è aquilano, né abruzzese, come il suo socio Fabrizio Savini, architetto anche lui. Paolo è di Padova, Fabrizio di Roma. Sono arrivati a giugno per portare il loro contributo alla ricostruzione. E ci stanno riuscendo, con uno dei progetti più interessanti, positivi e simbolici in Abruzzo. Un caso più unico che raro. Una ricostruzione partita dal basso, dall’esigenza di un gruppo di abitanti di Pescomaggiore, che avevano perso la casa a causa del terremoto, di far rivivere il loro paese, di non abbandonarlo andando a vivere altrove, magari sulla costa o in uno dei nuovi complessi costruiti qua e là attorno a L’Aquila (a circa 10 chilometri c’è uno dei “quartieri” del progetto C.a.s.e. complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili). Hanno deciso di “rimboccarsi le maniche per continuare ad abitare la nostra terra e il nostro paese, per ricostruirlo da subito”, senza aspettare aiuti pubblici, ordinanze o progetti della Protezione civile. Hanno fondato il “Comitato per la rinascita di Pescomaggiore” e, sui terreni messi a disposizione da tre abitanti del paese, hanno iniziato a costruire le loro case.
Progettazione partecipata
Quello dell’ecovillaggio di Pescomaggiore è un progetto partecipato, gli abitanti sono stati coinvolti in tutte le fasi, dalla progettazione alla realizzazione. Paolo Robazza ha imparato questo metodo innovativo a Torino nello studio di architettura Avventura urbana. “Per ogni progetto si avviavano incontri e laboratori di progettazione partecipata, in modo che fossero gli abitanti a decidere le caratteristiche dell’abitare”. Quando a giugno è arrivato in Abruzzo, con Fabrizio e con il loro studio mobile, un carrello tenda che oggi è la loro casa a Pescomaggiore, aveva proprio l’intenzione di importare un modo diverso di costruire: “Con il Progetto Abruzzo – studiomobile B.A.G. ci proponiamo di collaborare al recupero del patrimonio architettonico di una delle regioni più affascinanti d’Italia. Crediamo che l’emergenza non debba essere considerata un pretesto per imporre uno specifico standard costruttivo e sottovalutare le esigenze degli abitanti. L’intenzione è quella di intervenire con la popolazione nella ricostruzione tramite una progettazione partecipata, ascoltando innanzitutto le loro esigenze, per poi accompagnarli verso l’edificazione del proprio spazio, fatto non solo di materiale edilizio, ma di tessuto sociale e culturale”.
Case economiche ed ecologiche
Le prime quattro case (sette in tutto nel progetto attuale) saranno pronte per Natale. Costano un quinto di quelle del progetto C.a.s.e.: 520 euro al metro quadrato, contro 2500 euro circa. Sono case da 40 o 56 metri quadrati, antisismiche e antincendio, costruite seguendo i principi della bioedilizia: “Stiamo dimostrando che è possibile fare case economiche, ecologiche e rapide da realizzare usando soprattutto materiale naturale, economico e reperibile sul posto”, racconta Filippo Tronca, uno dei futuri abitanti dell’ecovillaggio. “La struttura portante in legno, la tamponatura in balle di paglia, il cemento ridotto al minimo, le stufe a legna per scaldarci, i pannelli solari e fotovoltaici che ci daranno l’energia elettrica e l’acqua calda di cui avremo bisogno, un impianto di fitodepurazione per riusare l’acqua nell’irrigazione degli orti”. Si, perchè il progetto non prevede solo la costruzione di case, ma un vero villaggio ecologico (quasi) autosufficiente, con tanto di recupero dei rifiuti, compostaggio di quelli organici, coltivazione dei terreni recuperando colture autoctone come patata, zafferano, ceci e lenticchie. E, una volta che le case del centro storico di Pescomaggiore saranno ricostruite, queste rimarranno destinate ad uso sociale e turistico.